DECLINO E RIPRESA: USCIRE DALLA CRISI CON LA CREATIVITA’

 

crisi italianaIn una crisi che sembra infinita i dati sulla recessione italiana, negativi dunque, sembrano non fare più notizia. Eppure sono passati ormai cinque anni e nessuno sembra trovare le soluzioni adeguate per rilanciare interi settori, che hanno visto ridurre complessivamente delle quote di mercato da capogiro, facendo indietreggiare sempre di più il prodotto interno lordo, col serio rischio, già concreto in autunno, di uscire dal novero dei dieci paesi più industrializzati del mondo. Chi ha saputo mantenere livelli di eccellenza ha saputo resistere, in tanti hanno cancellato una vita di lavoro e di sacrifici con gesti estremi, perché incapaci di far fronte alla crisi di liquidità, ai pagamenti, alle scadenze fiscali. Oltremodo lo Stato è sembrato assente: nessuna reale politica industriale, tamponamento una tantum con misure inefficaci, atrofizzazione dei consumi grazie a nuove tasse che incidono sul portafoglio di ogni giorno. Non può sorprendere che nonostante lo slancio del nuovo governo, almeno per come viene rappresentato dal giovane presidente del consiglio, i dati siano ancora negativi. Eppure la crisi poteva essere una grossa occasione darwiniana, per far uscire dal mercato le aziende poco sane e quelle incapaci di gestire i cambiamenti indotti da un mercato globale, che ha un’ossatura di finanza rapida, sempre collegata e in grado di smuovere immensi patrimoni con un click.

Occasione persa? Questo potrà dirlo solo il tempo. Conoscendo bene gli Stati Uniti d’America, ho potuto appurare che fenomeni simili sono accaduti ben prima delle crisi, di fronte a disastri noti che hanno inciso in modo notevole sugli anni successivi e pure nello scatenare la deflagrazione economica e finanziaria di fine decennio scorso. Innanzitutto gli Stati Uniti hanno dovuto subire il collasso economico successivo agli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, in un momento di forte crescita. La conseguente entrata in guerra ha levato energie e risorse al paese, per finire con disastri naturali epocali come quello di Katrina, che ha interessato una parte rilevante dell’economia degli stati del Sud. Danni calcolati in oltre 100 miliardi di dollari, cifra che avrebbe messo in ginocchio economie molto solide. Le industrie e le aziende sono sempre state colpite dalla perdita di fette di mercato determinata da cali di vendita, errori di marketing, errori nella concezione e nella progettazione del prodotto (si pensi al “cambio di gusto” operato dalla Coca-Cola a metà anni ottanta, miseramente fallito in un turbinio di perdite). Questi scenari hanno sempre inciso nel rapporto distributivo che esiste tra produttore e consumatore, conducendo al fallimento non solo l’impresa principale, ma anche la filiera di distribuzione. Eppure, in mezzo a questo sconquasso, alcune imprese sono riuscite a sopravvivere. Tra queste, chi l’ha fatto, aveva straordinariamente adottato principi di lean production e lean manufacturing (per una descrizione corretta si visiti il sito Utekvision, di un’azienda italiana impegnata nell’implementazione dei processi di produzione snella). Insomma, la vera differenza sta tra chi ha continuato con le vecchie abitudini del passato e tra chi ha cominciato a sperimentare, introdurre nuove idee, lanciare nuovi prodotti. Esempio clamoroso è sicuramente la Apple, che da disastrata azienda di computer costosi, si è trasformata nella produttrice di devices iper-tecnologici, che vanno oltre l’idea iniziale. Tanto che ha smesso da tempo di chiamarsi Apple Computer, a segnalare il passaggio a una nuova era. E tutto questo successo ottenuto in tempo di crisi.

 

 

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